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Storia

LE ORIGINI – LA FAMIGLIA MELOCCHI

A chi percorre la carrozzabile, o la ferrovia da Medesano a Fornovo, sulla destra dopo Felegara non può sfuggire la vista di un bell’edificio stile liberty: è la Casa di Cura Ramiola, in origine conosciuta come lo ‘stabilimento’. 

Costruita nel 1903 su iniziativa di Luigi Devoto, medico del lavoro, che vi si recava in villeggiatura con gli amici, sorge sulla vecchia linea ferroviaria Milano-Roma, detta ‘linea dei deputati’. Il progetto di costruzione fu affidato all’architetto Alfredo Provinciali, che fece erigere l’ala nord e l’avancorpo centrale, a cui, nel 1904, fu aggiunta l’ala sud, per aumentarne la capienza.

All’epoca, per Parma e provincia, lo ‘stabilimento’ rappresentò una novità assoluta, primo esempio di edificio in cemento armato in raffinato stile liberty classico. All’interno, assai ammirata, era la sala della musica, affrescata con particolare bravura dall’artista Amedeo Bocchi.

In quegli anni, il ponte di Fornovo non esisteva ancora e per raggiungere la frazione di Ramiola bisognava guadare il Taro nei periodi di magra, o farsi trasportare a braccia, o in barca, quando le acque abbondavano. Un’altra via per raggiungere la struttura era la ferrovia, con capolinea a Castelguelfo (Nocetodo), dove ad attendere gli ospiti c’era una sontuosa carrozza.

Appena aperto, lo ‘stabilimento’ fu affidato alla direzione del professor Fortunato Melocchi, che in Svizzera aveva appreso moderne terapie e che ne fece la prima casa di cura privata d’Italia, con un’impronta transalpina da clinica albergo, sullo stile “montagna incantata” di Thomas Mann.

Di temperamento volitivo ed austero, Melocchi si dedicava con passione ai suoi pazienti, ma esigeva molto da loro, li educava a reagire e ad avere cura di sé, facendo un uso moderato di farmaci. Il suo motto era ‘’Segula, acqua, motus, aer”. 

Purtroppo morì troppo presto, nel 1923, ma la sua opera fu portata avanti dai due figli, Elvezio e Walter, entrambi giovani medici, con l’aiuto del professor Devoto. Essi dedicarono tutta la loro vita a Villa Ramiola, che in breve tempo divenne celebre e unica nel suo genere, in Italia e all’estero.

Elvezio Melocchi si specializzò in medicina del lavoro a Milano e in gastroenterologia a Berlino, divenendo un diagnostico di rara intuizione e un radiologo eccezionale, mentre il fratello Walter Melocchi studiò microbiologia e batteriologia intestinale a Friburgo e a Parigi, fu assistente e aiuto alla Clinica medica di Parma e studioso di idrologia e scienza dell’alimentazione, insegnando, pubblicando libri e collaborando con riviste scientifiche.

I Melocchi, confidenti affettuosi e sinceri amici dei loro pazienti, furono i precursori della moderna medicina psicosomatica. La fraterna, diuturna collaborazione, unita a quella delle validissime mogli, ha dato sollievo per oltre cinquant’anni ad un gran numero di pazienti, che dopo il primo beneficio tornavano per controlli, o per una pausa, attratti dal clima salubre.

Molte sono state le celebrità nel campo della politica, economia, medicina, cultura, arte drammatica, pittura e musica, che a Villa Ramiola hanno trovato accoglienza, benessere e salute, ma allo stesso tempo, anche persone di modesta estrazione sociale vi furono visitate e curate scrupolosamente, senza il minimo profitto.

All’epoca, tra i frequentatori di Villa Ramiola, vi erano i conti Campostrini, il marchese Idelfonso Stanga, l’ex ministro dell’Istruzione Nunzio Nasi e lo scrittore e commediografo Enrico Annibale Butti.

Nel 1912 furono costruiti il terzo piano, il fabbricato posteriore, la lavanderia, la cantina e, ricavata da un piccolo fabbricato, la graziosa chiesetta.

Nei primi anni ‘20, altri personaggi illustri dell’epoca soggiornarono alla Casa di Cura Ramiola. Tra loro, Anna Kuliseva, rivoluzionaria di origine russa nata in Crimea nel 1853, medico e giornalista, tra le fondatrici del Partito Socialista Italiano, che morì nel 1925, italianizzata in Anna Kuliscioff.

O, tra il 1920 e il 1930. Filippo Turati, nato a Canzo nel 1857, giornalista, politologo e politico italiano, tra i primi e maggiori esponenti del Partito Socialista Italiano e tra i fondatori, a Genova, del Partito dei Lavoratori Italiani. 

Nel periodo antecedente la seconda guerra mondiale, fra gli habitués ricordiamo le figlie dell’attore Ermete Zacconi, l’attrice Jone Frigerio, il regista Gualtiero Tumiati, la nota Milly, amante al principe Umberto, lo scrittore Emilio Brocchi e molti altri personaggi d’alto rango, provenienti anche dall’estero, addirittura dagli USA e dal Brasile.

Fra il 1938 e il 1939 l’edificio fu ristrutturato sotto la direzione dell’architetto Leoni e purtroppo si persero le belle decorazioni liberty e gli affreschi della sala della musica.

Gli ospiti di quel periodo erano spesso ‘malati politici’, come il conte Giacomo Suardo, già presidente del Senato in epoca fascista, Edda Ciano con la famiglia e il marchese Emilio Pucci.

EDDA CIANO A RAMIOLA CON I DIARI DI GALEAZZO

La permanenza presso Villa Ramiola di Edda Ciano, primogenita di Benito Mussolini e moglie di Galeazzo Ciano, avvenne tra il 25 settembre 1943 e il 1944. Da lì, il 9 gennaio, la donna fuggì in Svizzera coi figli e i cinque diari più importanti del marito (1939/1943).

Quando giunse a Ramiola, Edda portava con sé l’archivio di Ciano, che conteneva i diari dal 1937-1938 e dal 1939-1943, i verbali delle sue ultime missioni da ministro, un ‘dossier Germania’, quattro quaderni di memorie di Edda ai tempi in cui era crocerossina, appunti di Mussolini (1916-1917) e dodici volumi di colloqui internazionali (1938-1943). Di quest’ultima raccolta mancavano sei volumi, che Edda consegnò al generale tedesco Wilhelm Harster, quale anticipo dell’avvio di trattative, poi fallite, per la libertà di Galeazzo.

A Ramiola, Edda Ciano soggiornò sotto il falso nome di Emilia Santos, sorvegliata da spie fasciste e tedesche. E proprio lì, tra i testi di medicina, nella libreria dello studio del dottor Melocchi, nascose l’archivio del marito, che gli uomini di Harster cercarono inutilmente.

Sulla fuga della Ciano da Ramiola verso la Svizzera circolano due versioni. Qualche testimone oculare asserisce che fu rocambolesca, calatasi dalla finestra coi figli dopo aver esposto il cartello “non disturbare”, mentre altri affermano che se ne sia andata eludendo la sorveglianza, da un’uscita secondaria sul giardino. Di certo, Edda portava con sé i cinque diari più importanti del marito, lasciando il resto dell’archivio nascosto a Villa Ramiola.

Il tesoro d’informazioni fu scoperto dai tedeschi solo quando don Giusto Pancino, amico d’infanzia di Edda e paciere fra lei e il padre Benito, dopo la tragica fine di Galeazzo, su incarico della stessa partì dalla Svizzera alla volta di Ramiola, con una lettera per i fratelli Melocchi, per recuperare la preziosa merce. Ma nel luglio 1944, la missiva fu intercettata dal tenente Segna e modificata con la sostituzione del nominativo a cui doveva essere consegnato il materiale. Fu così che i tedeschi misero le mani sull’archivio Ciano.

La Casa di Cura Ramiola tornò alla ribalta della storia circa un anno dopo, quando si trovò al centro della Sacca di Fornovo, che in Italia mise fine alla Seconda Guerra Mondiale.

All’interno della struttura stanziava un comando tedesco, che pattugliava il ponte della ferrovia. Un gruppo di partigiani si appostò nei pressi, intimando ‘l’alt!’ alla pattuglia tedesca che transitava. Iniziò la sparatoria in cui due tedeschi e un partigiano persero la vita. Il mattino seguente, le SS di comando a Fornovo di Taro, misero al muro per la fucilazione alcuni abitanti della zona. Solo grazie all’intervento della signora Brumenao, moglie di uno dei fratelli Melocchi, si salvarono.

Questo episodio racconta come la Casa di Cura Ramiola abbia dato il suo contributo alla Resistenza. A seguito dello scontro, sia i feriti tedeschi che i feriti partigiani ricevettero le dovute cure, ma i fratelli Melocchi, antifascisti, furono imprigionati dai nazisti, ed affrontarono la prova con coraggio e dignità, preoccupandosi di garantire continuità alla Casa di Cura.

ANNI ’70: TRAMONTA UN’EPOCA, SI APRE IL FUTURO

Nel 1974 Elvezio Melocchi morì e con lui si concluse un’epoca. L’anno successivo, dopo settant’anni di efficienza, il fratello Walter, rimasto solo al timone e già in età avanzata, vendette la struttura e si ritirò a vita privata a Milano.

Per conoscere l’ultima parte della storia di Villa Ramiola, dobbiamo fare un passo indietro. Pasquale Marconi, medico chirurgo di Reggio Emilia ed in seguito anche membro della Costituente, nel 1930 fondò l’ospedale di Castelnuovo Monti, poiché senza la tessera fascista non riusciva a trovare lavoro. Fu il figlio Giovanni Marconi, insieme al cognato Renzo Fornari, ad acquistare tra il 1975 e il 1976 Villa Ramiola dalla famiglia Melocchi, per chiuderla dopo pochi mesi e sottoporla ad una completa ristrutturazione. I tempi cambiavano e dal liberty si passò ad uno stile moderno.

Inaugurata sempre come Casa di Cura nel 1979, fino al 1988 la struttura restò aperta solo da giugno a settembre, ancora frequentata da gente facoltosa: industriali lombardi, il grande Aldo Fabrizi, la principessa Carolina di Bordone, il direttore d’orchestra della Scala di Milano, Antonino Botto e tanti altri

Nel 1988, non riuscendo ad ottenere la convenzione con la Regione Emilia Romagna, Villa Ramiola fu destinata a residenza per anziani, mantenendo il taglio sanitario, con medici e infermieri e valorizzandone la fonte di acqua termale nel parco che circonda, per anni imbottigliata come “Madonna della Mercede”.

Parte della discendenza di Pasquale si dedicò alla falegnameria e dall’artigianato passò presto all’imprenditoria, fondando la Scic Italia, che produce cucine di design, nome ideato da Franco Maria Ricci, amico di Fornari e curatore della campagna di comunicazione della Scic. Ricci arriva a Villa Ramiola nel 1979, in piena ristrutturazione e destina gli arredi della sua collezione alle quattro suites per gli ospiti vip. Oggi solo qualche pezzo rimane nelle aree comuni.

Da imprenditori del settore arredo, nel 2021 i proprietari decidono di affidare la gestione di Villa Ramiola ad una realtà di comprovata esperienza e valore umano e la struttura è acquisita dalla cooperativa sociale Società Dolce, che ne porta avanti la destinazione d’uso come casa residenza per anziani, in un’ottica di attenzione e sviluppo di un luogo con peculiari risorse paesaggistiche, architettoniche, di cura.

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dove siamo

Ramiola, Villa di Riposo è situata a 168 metri di altezza sulla SS 357 a 2 Km dalla stazione ferroviaria di Fornovo Taro Linea Parma-La Spezia e Fidenza-Fornovo.

Vicinissima al casello di Fornovo dell’Autostrada A15 Parma-La Spezia, Villa Ramiola è facilmente raggiungibile con ogni mezzo e da qualsiasi provenienza.